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In occasione della Biennale di Venezia è stato esposto allo Spazio Thetis dal 27.08 al 21.11.2010 il progetto Off Leash di Arturo Montanelli e Velasco Vitali.
Off leash – museo itinerante
Idea nata dall’affinità che lega i percorsi e le ricerche di Arturo Montanelli e Velasco Vitali, il progetto di un museo itinerante è stato proposto e pensato la prima volta nel 2008, per il molo Pier 54 di New York.
Con il sottile titolo di Off Leash, ovvero “senza guinzaglio” (il guinzaglio conduce, impartisce regole, educa, ordina ma al contempo trattiene, limita, impone e determina un confine), il progetto-installazione fatto a 4 mani, sottintende significati sottili ma, nella sostanza, forse uno soltanto: la mescolanza. Ibridazione tra le genti, tra i generi, tra le culture, tra le arti, tra identità e alterità, è la sintesi di uno slittamento spontaneo degli orizzonti verso nuove prospettive, di un macro disegno dove è necessario tener conto anche di ciò che non si vede perché il paesaggio, come sostiene Gilles Clément, è ciò che si vede dopo aver smesso di osservarlo, come i colori complementari.
Un museo itinerante che oltre ad essere contenitore diventa contenuto. Composto da un modulo container che si ripete per adattarsi e ridisegnarsi ogni volta, è stato pensato a New York come un lungo tunnel di 14 elementi posizionato parallelamente al molo stesso. Ricoperto da una guaina, la pelle del container è irregolare, un agglomerato di pezzi di gomma, scarti plastici, bitume. Con vie di fuga o di entrata che impongono da una parte il mare e dall’altra la terraferma, è una galleria a doppio senso che diventa, a seconda della percorrenza, spazio calmo di iniziazione o dipartita verso la società contemporanea.
Approdo ad un concetto forte, vista dal mare l’installazione suggerisce l’idea di un vero e proprio sbarco: l’attracco in un contesto altro. Ad abitare la terraferma, i primi soggetti che si incontrano sono un gruppo di sagome scarnificate con anime a fior di pelle: i randagi di Velasco Vitali. Metafora di un mondo reale, fatto di odori pungenti, di necessità animali, di dicotomie violente come libertà e disperazione, i cani, attori della condizione umana, attraversano un tempio, uno spazio consacrato (stilizzato con cataste di cassette di legno) per arrivare al luogo della memoria, o forse dell’inconscio: il lungo tunnel museo che ci guida verso la civiltà.
Intesa l’architettura come un approccio fenomenologico in relazione all’ambiente, al luogo e alla sua identità, nel fare progettuale, morfologia, tecnologia costitutiva ed equilibrio paesaggistico coesistono e divengono tutt’uno organico.
Forma archetipa di un pensiero che Arturo Montanelli ha già sperimentato con la progettazione e la realizzazione di Campus Point, centro di ricerca per il Politecnico di Milano, il container diventa elemento portante, soggetto di un nuovo progetto: un museo dinamico e itinerante.
Modulo versatile ed eclettico, il container assume differenti sfaccettature, non serrato in una forma chiusa, si modula e reinterpreta a seconda del luogo che lo ospita radicandosi di volta in volta a contesti paesaggistici anche molto diversi tra loro.
Per Venezia, Arturo Montanelli e Velasco Vitali interpretano un prototipo monomaterico, la cui superficie di rivestimento e’ (materia) ottenuta attraverso l’aggregazione di ghiaia da riciclo di diverse granulometrie, eco di una cultura geotecnica che prevede soluzioni analoghe per il contenimento delle erosioni delle sponde fluviali e marine nel nord Europa e scarto di colate derivate da fusioni metalliche.